Case dimenticate

"Case sparse, visioni di case che crollano" è un film di Gianni Celati, che riprende un lavoro dell'amico Luigi Ghirri che aveva iniziato a fotografare vecchie case di campagna, dimenticate da tutti. Per questo, senza nessuna pretesa, metto qui alcuni casolari di campagna, di cui anche il mio territorio è pieno... Lo so è un progetto già fatto e rifatto sicuramente. Ma è importante fare quello che piace indipendentemente da quello che potrebbe più o meno interessare gli altri.

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Non occorre andare a caccia di qualche sito di archeologia industriale, come vecchie fabbriche di tessitura o centrali idroelettriche abbandonate, per incontrare un ambiente ruderale: basta una cascina diroccata, una massicciata ferroviaria, perfino il bordo di una comune strada asfaltata: sono tutti luoghi ove l’intervento duraturo dell’uomo è entrato in contatto, senza farla scomparire del tutto, con la natura; luoghi che la natura, sotto forma di una vigorosa vegetazione spontanea, cerca continuamente di riprendersi. Sono sufficienti pochi mesi di abbandono, perché il giardino di una villetta di periferia assuma l’aspetto di una piccola giungla; e sono sufficienti pochi anni di abbandono, perché un intero paese assuma l’aspetto fantastico di un luogo di fantasmi, con le fronde dei cespugli che penetrano dentro le orbite vuote delle finestre. Di simili casi, in gran parte invasi dalla vegetazione, ne esistono parecchi, questo si trova nel centro storico di una importante città dell’alto Vicentino. In genere, simili luoghi suggeriscono malinconiche riflessioni sulla caducità delle cose umane e, magari, spingono il filosofo ad almanaccare sulla precarietà della nostra condizione; il poeta, poi, potrà infiorare i suoi versi con i classici elementi dell’orrido, del solitario, dei lontani tempi medievali; così come farà il pittore, visto che dal XVIII secolo si è diffuso un ghiotto filone iconografico, quello del “paesaggio con rovine”. Tuttavia, come abbiamo detto, non è necessario scomodare né paesi abbandonati, né castelli in rovina, magari accompagnati da cupe leggende di anime in pena; ma è sufficiente qualche modesto edificio cittadino, qualche opificio dismesso, qualche cortile abbandonato, qualche orto o giardino non più coltivati, per vedere l’impetuosa rivincita della vegetazione spontanea sui segni orgogliosi della presenza e del lavoro umani. 

 Scrivono Carlo Andreis, Enrico Banfi e Francesco Bracco nella eccellente enciclopedia naturalistica «Conoscere la natura d’Italia» (Novara, Istituto Geografico De Agostini, 1983-85.)

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